Il tagging modellato

Su Scienza 7 leggo di uno studio italo francese sul tagging che racconta di come i ricercatori abbiano messo a punto un modello che ricrea con sufficiente accuratezza le caratteristiche – già evidenziate in precedenti ricerche – di questo tipo di classificazione di contenuti, come per esempio la legge di Heaps, che similmente a quanto si verifica nei testi, mostra come all’aumentare del numero di tag diminuisce il tasso di introduzione di nuovi tag.

La ricerca è stata pubblicata su PNAS ed è consultabile a pagamento. Fortunatamente ne trovo una copia su HAL, un archivio open access francese gestito dal CNR francese.

E’ bene chiarire che nell’ articolo – tratto quasi integralmente dal comunicato stampa dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia – l’utilizzo del termine “post”, non ha il significato consueto caro a noi blogger ma, come chiarito nel paper, definisce un set di tag utilizzati da un utente per definire un certo contenuto.

In definitiva viene dimostrato che “il processo di social annotation può essere visto come un’esplorazione collettiva ma non coordinata del sottostante spazio semantico (ndr: ovvero dell’insieme di significati che possono essere associati a un contenuto), rappresentato come un grafo, attraverso una serie di cammini casuali.”

Avere un modello che simuli adeguatamente il comportamento reale degli utenti è importante perché permetterà di creare sistemi migliori per combattere lo spam (che si allontana dai modelli individuati) e per catalogare grandi quantità di dati, di affinare i sistemi di ricerca e raccomandazione e di realizzare applicazioni innovative per i social network.

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