La distanza non è morta?

Internet annulla le distanze e ci rende tutti cittadini dello stesso villaggio globale?

Un piccolo studio di due ricercatori israeliani sembra dimostrare che le nostre comunicazioni via email o i nostri contatti Facebook siano dipendenti strettamente dalla distanza geografica: abbiamo moltissimi scambi con persone che vivono vicino a noi, pochissimi con chi vive lontano, per esempio in altri continenti. Nel grafico distanza-numero contatti (vedi figura) appare una rappresentata una legge di potenza, in particolare la legge di Zipf, famosa perché si ritrova in vari campi, dalla frequenza delle parole negli scritti alla frequenza degli accessi alle pagine dei siti Web, dalle dipendenze dei pacchetti di una distribuzione Linux-Debian alla distribuzione della popolazione nelle città.

da Goldenberg- Levy, Distance Is Not Dead: Social Interaction and Geographical Distance in the Internet Era
da Goldenberg- Levy, Distance Is Not Dead: Social Interaction and Geographical Distance in the Internet Era

La ricerca non mi sembra  particolarmente accurata, ma sarebbe interessante approfondire l’argomento, provando per esempio a valutare l’importanza della lingua e quindi se esistono differenze significative tra i paesi anglofoni (la cui lingua è la più utilizzata) e gli altri, le cui lingue hanno spesso una distribuzione geografica limitata.

9 pensieri riguardo “La distanza non è morta?

  1. Io sto sperimentando qualcosa del genere a livello personale: da cinque mesi sono in Uruguay e la mia vita digitale sta riflettendo la mia vita reale (differenziazione del tutto discutibile) nella misura in cui le mie chat sono quasi solo con gente di qui, mentre gli amici italiani mi seguono di più attraverso gli status update di Facebook.
    Sicuramente le 5 ore di fuso orario hanno un ruolo predominante in tutto questo, ma sono comunque curioso di vedere quanto si manterranno saldi questi contatti al mio rientro in Italia..

  2. Ciao Andrea. Eh sì, direi che sei una cavia perfetta… 😉

    Comunque è ovvio che le comunicazione sincrone siano molto più condizionate dalla vicinanza per via del fuso orario; vedremo cosa succederà con i tuoi contatti uruguaiani una volta rientrato in Europa.

  3. Io ai fattori significativi aggiungerei:
    . contestualità degli argomenti: più si è vicini, più “capitano cose nel mondo” di cui si può parlare perché vissute. Posso parlare con un milanese di cose successe e che faccio a Milano (anche solo citare un locale perché bello) ma già a un Romano diventa più inutile. Però con lui ci sono argomenti di carattere nazionale. Oltre il confine crolla poi praticamente a zero questa informazione.
    . fisicità: parlare anche una sola volta con una persona dal vivo la rende più umana e più vicina. Quindi è facile che io abbia visto una persona almeno una volta se è vicina a me… più difficile se abita a Boston.
    . sovrapposizione delle reti: per vicinanza è anche più facile che le reti si sovrappongano e quindi possa inserirmi più facilmente fra conoscenze di conoscenti… che saranno vicine.

  4. Non credo che le nostre comunicazioni via email o i nostri contatti Facebook siano dipendenti strettamente dalla distanza geografica; sono dipendenti dalla nostra realtà. Che è una realtà dinamica complessa.

    I social media stanno trasformando questa realtà, quindi ha senso fare una prima analisi oggi e confrontarla tra 5 anni. La curva sarà molto più piatta.

    Come proponi tu sarebbe interessante lo studio tra i paesi anglofoni e potrebbe avere un significato confrontarla con uno studio sulla lingua spagnola.

    Saluti e buona giornata

    1. Ho letto le 22 pagine dell’abstract. Aldilà della discussione finale degli autori che concludono “contrary to expectations, geographical proximity has become more important for social interactions and dynamics than ever.” ci sarebbe da chiedersi se le basi sulle quali hanno sviluppato la propria tesi siano solide. La diffusione dei baby names statunitensi è sufficiente a spiegare un fenomeno globale? Personalmente ho qualche dubbio.
      Inoltre loro stessi all’interno dell’abstract scrivono “Such an investigation requires both spatial and temporal data about a social phenomenon that reflects social interactions, for a period spanning several decades,”… Scartato il parallelo con i baby names, oggi possiamo soltanto fissare un punto di inizio nel rapporto tra social media e localizzazione dei cluster sociali in rete. E, personalmente, sono convinto che questi cluster avranno la tendenza a diffondersi geograficamente sempre di più. I vari Facebook & Co. sono dipendenti dalle nostre abitudini – non dalla distanza geografica – e le nostre abitudini cambieranno nel tempo grazie all’IT revolution. E’ un nuovo scenario nel quale ci adatteremo; anche in fretta.

      Grazie Federico per l’interessante post.
      Ciao

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